COP 30 Amazônia
COP30 in Amazzonia: la “COP della verità”…

La presenza degli alberi in città è uno degli elementi più preziosi per la qualità della vita urbana. Ombra, mitigazione delle isole di calore, riduzione dell’inquinamento atmosferico e sonoro, supporto alla biodiversità: i benefici del verde urbano sono ben documentati da una vastissima letteratura scientifica (Nowak et al., 2014; FAO, 2020; IPBES, 2022).
Tuttavia, questi benefici convivono con una realtà complessa: gli alberi non sono infrastrutture statiche, ma organismi viventi, soggetti a processi fisiologici e degenerativi che rendono inevitabile una valutazione periodica del rischio.
Il tema della valutazione della stabilità degli alberi (VTA, Visual Tree Assessment) è in continua evoluzione. Negli anni, approcci e strumenti si sono raffinati profondamente: basti ricordare che lo stesso autore di una celebre pubblicazione sulla dendrochirurgia, durante un convegno, ammise di aver cambiato idea di fronte ai nuovi studi.
Oggi la comunità scientifica riconosce che gli alberi reagiscono in modo estremamente variabile alle ferite, alle potature o alle cavità interne, e che solo un’analisi multidisciplinare e strumentale può restituire una stima affidabile della propensione al cedimento.
Gli arboricoltori e i tecnici del verde si formano costantemente, acquisendo nuove certificazioni e utilizzando strumenti avanzati come tomografi sonici, resistografi e radar per la diagnostica radicale. Tuttavia, ogni indagine rimane una valutazione probabilistica, non una certezza assoluta: la sicurezza totale si avrebbe solo nel momento in cui una pianta effettivamente cade, ma a quel punto sarebbe troppo tardi.
In ambito urbano, le scelte di abbattimento sono spesso percepite come arbitrarie o affrettate, specie quando l’albero appare in buona salute. Ma la realtà è più complessa: un albero può crollare improvvisamente anche se visivamente integro, o resistere per anni pur essendo compromesso.
Quando alberi di decine di quintali svettano su strade, marciapiedi, fermate dell’autobus o parchi giochi, chi decide deve considerare non solo la salute della pianta ma anche il rischio accettabile per le persone e le infrastrutture. In una società che cerca i responsabili dopo, più che prima di un incidente, la prudenza diventa un obbligo etico e legale.
Le valutazioni indipendenti da parte di professionisti esterni sono oggi la norma, anche perché molti enti locali non dispongono di personale specializzato né della strumentazione necessaria. Ma i costi sono elevati: una VTA strumentale può variare tra i 250 e i 750 euro per pianta. Per questo è fondamentale affrontare il problema a monte, progettando correttamente il verde urbano.
Molte delle criticità che portano a potature drastiche o abbattimenti nascono da scelte errate in fase di progettazione.
Specie di grande sviluppo vengono collocate in spazi angusti, a ridosso di edifici o sopra reti di sottoservizi; apparati radicali che sollevano marciapiedi, chiome che oscurano abitazioni o producono frutti scivolosi diventano motivi di conflitto tra cittadini e amministrazioni.
Ma la colpa non è degli alberi: è della mancanza di pianificazione.
Gli alberi non sono pali della luce — crescono, reagiscono, si ammalano, e hanno cicli vitali che devono essere previsti fin dall’impianto. Servono quindi criteri di sostituzione programmata, piani di manutenzione sostenibili e soprattutto suoli permeabili e vitali: senza acqua, ossigeno e spazio per le radici, nessuna specie potrà prosperare.

Il dibattito pubblico sugli abbattimenti spesso si riduce a un muro contro muro tra chi vuole “salvare” ogni albero e chi invoca la sicurezza. Ma la vera soluzione sta altrove: in un cambio di paradigma che concepisca il verde urbano come un’infrastruttura viva e dinamica, da progettare e gestire con competenza, non da subire.
Negli anni si è passati dalle “lingue verdi” che collegavano città e campagna, alle “cinture verdi” periurbane, fino alle strategie più recenti di de-pavimentazione e rinverdimento diffuso. Tuttavia, poche città investono davvero in studi e piani di lungo periodo per realizzare questa visione.
Gli alberi in città non devono essere visti come un problema, ma come alleati indispensabili per la resilienza climatica, a patto di rispettare le loro esigenze biologiche e di integrare la loro gestione nella pianificazione urbana.
Solo così potremo evitare sia gli abbattimenti “facili” sia i pericoli evitabili, e garantire città più sicure, più belle e più vivibili per tutti.
“Gli alberi non hanno bisogno di essere potati: hanno bisogno di essere capiti.”
La valutazione della stabilità degli alberi (VTA), introdotta da Claus Mattheck e Helge Breloer (1994), costituisce oggi il punto di partenza per l’analisi del rischio, ma la ricerca più recente — in linea con la norma UNI 11708:2018 “Attività professionali non regolamentate – Arboricoltore e Tree climber” e con le linee guida del CNR (2022) — riconosce che le indagini forniscono stime probabilistiche e non certezze assolute.
L’approccio moderno al tree risk management (Smiley et al., 2011; Costello & Quarles, 1999) considera il rischio come il prodotto della probabilità di cedimento e delle conseguenze potenziali per persone e beni.
Le indagini visive e strumentali (tomografia sonica, resistografia, radar, prove di trazione controllata) devono essere interpretate alla luce del contesto e della fisiologia della specie, privilegiando interventi di mitigazione (potature mirate, decompattazione, gestione del suolo) rispetto agli abbattimenti.
📘 3. Bibliografia essenziale
Norme e linee guida
Fonti scientifiche e tecniche
Alberi per la Città – un Abaco a cura della Regione Emilia Romagna contenente informazioni dettagliate su più di 150 specie arboree e arbustive.
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